Romanée-Conti: la sacra espressione del Pinot Noir di Borgogna

Un mito costruito su storia, terroir e discrezione
Le origini della tenuta risalgono al XVIII secolo, ma è nel corso del Novecento che la sua fama cresce fino a raggiungere uno status quasi mistico. Oggi è guidata con discrezione da Aubert de Villaine e dalla famiglia Leroy-Roch, che custodiscono un patrimonio di terroir ineguagliabile. La Romanée-Conti non è solo il nome della tenuta, ma anche quello del monopole Grand Cru da cui proviene il vino più ambito: 1,8 ettari di pura poesia viticola. La DRC gestisce anche altri climat leggendari: La Tâche (anch’essa monopole), Richebourg, Romanée-St-Vivant, Grands Échezeaux, Échezeaux, Corton (dal 2009) e il bianco Montrachet. L’approccio produttivo è fondato su biodinamica certificata, rese bassissime, e una cura maniacale in ogni dettaglio, dalla potatura alla vinificazione.

Pinot Noir come archetipo: delicatezza, verticalità, immortalità
I vini della Romanée-Conti sono espressione suprema del Pinot Noir, capace di unire fragilità ed energia, aromi eterei e profondità strutturale. Ogni cru ha una voce distinta, ma tutti condividono una qualità sensoriale impalpabile: il bouquet si apre con rose appassite, ciliegia, sottobosco, spezie dolci, cuoio e mineralità, mentre in bocca il vino danza tra finezza e densità, con una tensione tannica setosa che sostiene evoluzioni pluridecennali. Le vinificazioni avvengono con lieviti indigeni, parziale uso di grappolo intero, affinamento in barrique nuove al 100%, e nessuna filtrazione. Le annate vengono rilasciate con anni di ritardo rispetto al mercato, per garantire una prima espressione ottimale.

Rarità assoluta, valore culturale, spiritualità del gesto
Ogni bottiglia della DRC è prodotta in quantità ultra-limitate: circa 6.000 bottiglie l’anno per la Romanée-Conti, che vengono allocate con criteri severissimi a ristoranti di prestigio, collezionisti storici e importatori fidati. La cantina è chiusa al pubblico, non ha attività promozionali e comunica pochissimo: il vino parla da sé. Il valore economico è tra i più alti al mondo, ma ciò che rende la DRC unica è la sua integrità spirituale. È un progetto che non mira al lusso, ma alla perfezione sensoriale e alla sacralità del terroir. Possedere, degustare, o anche solo contemplare una bottiglia di DRC è per molti l’apice di un percorso enologico: un vino che non si misura solo con i sensi, ma anche con il silenzio, il rispetto e la storia.

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