Cantina Figli di Luigi Oddero: storia, cru e Barolo iconici

Dall’Ottocento alle Langhe di oggi: una cantina storica
Radicata a La Morra, Figli Luigi Oddero interpreta l’idea di “classico” con una sobrietà moderna: vigne storiche, mano artigiana, tempi rilassati. La famiglia lavora da generazioni nella culla del Nebbiolo, trasformando cru e menzioni in una geografia del gusto che parla di equilibrio più che di potenza. Il simbolo della casa è la Specola, la torre che veglia sul vigneto Rive come un faro identitario; ma è l’insieme dei vigneti tra La Morra, Castiglione Falletto e Serralunga a definire lo stile: profili nitidi, tannini scolpiti e una progressione “lunga”, capace di invecchiare con grazia. È una visione che unisce metodo e paesaggio: rispetto del frutto e un lessico aromatico che resta trasparente al terroir.

Dai vigneti alla cantina: la voce dei suoli
Il cuore pulsante della cantina è un mosaico di parcelle su colline di sabbie e calcari, intorno ai 300–350 m, con esposizioni che privilegiano sole e ventilazione. A Castiglione Falletto nasce Rocche Rivera, pendii compatti sotto le rupi, da cui arrivano Barolo di finezza balsamica e trama tonica; a Serralunga d’Alba la maestosità di Vigna Rionda traduce profondità e respiro minerale in un passo autorevole. La morfologia è quella tipica delle Langhe con marne stratificate, drenaggio naturale, forti escursioni termiche che asciugano l’uva e concentrano profumi. Qui ogni vendemmia decide da sé: si vendemmia quando il seme è maturo, il tannino è dolce, la buccia cede senza forzature. È questo a fare la differenza nel bicchiere.
Il metodo Oddero è una grammatica di pazienza: macerazioni tradizionali, fermentazioni che rispettano la materia, e lunghi affinamenti in botti grandi per lasciare al Nebbiolo la libertà di distendersi. Sui cru di punta si prevede almeno 36 mesi di legno seguiti da ulteriore sosta in vetro: niente maquillage, solo aria, tempo e quiete. Il risultato è una tessitura tannica precisa, profumi progressivi (ciliegia scura, erbe, note mentolate) e una scia sapida che prolunga il sorso. È una scelta etica oltre che stilistica: far parlare le vigne, accettando che l’identità emerga per sottrazione.
Quattro calici per capire Oddero
Comincia da Barolo Rocche Rivera 2017: è il volto classico di Castiglione Falletto, con frutto scuro nitido, toni balsamici e una trama tannica scolpita ma fine. Al naso ritrovi quella cifra di ciliegia e menta che la critica ha spesso associato al cru; in bocca la progressione è ordinata, lunga, molto gastronomica.
Passa poi a Rocche Rivera 2018, annata che aggiunge succosità e un registro più disteso senza perdere verticalità. Il legno è un sostegno discreto; il centro bocca resta asciutto, vibrante, con una chiusura luminosa che invita al riassaggio.
Sali di passo con Barolo Vigna Rionda 2018: Serralunga parla nel timbro profondo, nell’ampiezza salina e in un tannino più autorevole ma di grana finissima. È un vino che richiede tempo, ma con il servizio giusto, offre dettagli floreali e ferrosi di grande fascino.
Chiudi con Barbaresco Rombone 2018: cambia colline e modulazione, il Nebbiolo si fa più arioso e floreale, con agrumi rossi, spezie gentili e un finale pulito, di bella bevibilità. È la sosta che completa la mappa, mostrando il lato più fragrante.
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