Biondi Santi: la leggenda del Brunello tra storia, terroir e rigore assoluto

Le origini del mito
Il nome Biondi Santi è indissolubilmente legato alla nascita del Brunello di Montalcino. Fu Ferruccio Biondi Santi, discendente di una famiglia di scienziati e agricoltori, a intuire nella seconda metà dell’Ottocento le potenzialità del Sangiovese Grosso, selezionando cloni e vinificandoli in purezza. Il primo Brunello Riserva ufficiale vide la luce nel 1888, nella Tenuta Greppo, situata a sud-est di Montalcino, tra i 300 e i 500 metri di altitudine. Questo versante, esposto ai venti freschi provenienti dalla Val d'Orcia e protetto dal Monte Amiata, gode di un microclima unico, con forti escursioni termiche e suoli galestrosi, ideali per vini eleganti, profondi e longevi. Oggi la tenuta comprende circa 32 ettari vitati, coltivati esclusivamente a Sangiovese.

Vini classici, senza compromessi
La cifra stilistica di Biondi Santi è rimasta intatta nel tempo: tradizione, sobrietà e longevità. Il Brunello di Montalcino viene vinificato secondo un protocollo rigoroso: fermentazioni spontanee in vasche di cemento vetrificato, senza uso di lieviti selezionati, seguite da lunghissimi affinamenti in grandi botti di rovere di Slavonia. Le botti, alcune in uso da oltre quarant’anni, permettono al vino di respirare lentamente, mantenendo inalterata la finezza aromatica e la nervatura acida del Sangiovese. Il Brunello Riserva, prodotto solo nelle migliori annate da vigne di oltre 25 anni, può maturare in cantina per più di 6 anni prima della messa in commercio. Sono vini austeri, dotati di struttura e slancio, spesso impenetrabili da giovani, ma capaci di evolvere con armonia e profondità per oltre 50 anni.

Eredità e rinascita
Nel 2016 la famiglia Biondi Santi ha ceduto la proprietà al gruppo francese EPI, già attivo nel settore del lusso e del vino, con l’obiettivo di preservare l’identità storica dell’azienda. Alla guida tecnica è stato chiamato Federico Radi, enologo toscano con esperienze significative in viticoltura sostenibile, che ha avviato un processo di conversione biologica e rinnovamento agronomico, mantenendo però invariata la filosofia produttiva. L’approccio è ancora “non interventista”, ma integrato da una maggiore attenzione alla vitalità del suolo e alla salubrità del vigneto. Le bottiglie di Biondi Santi – dal Rosso di Montalcino fino alla celebre Riserva – sono oggi considerate vere opere d’arte enoica, capaci di unire passato, presente e futuro del vino toscano. È una cantina che non segue il mercato: lo ispira.

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